Cos’è il CEO Activism?
Negli ultimi anni, e specialmente durante il periodo scandito dal Covid-19, il ruolo del CEO all’interno di un’azienda si è trasformato.
Sempre chiamato a farsi portatore dei valori aziendali per costruire una solida reputazione e identità del brand, l’autorevolezza del CEO e per esteso dell’azienda passa oggi sempre di più dall’attivismo sociale rispetto alla comunità di riferimento.
CEO Activism, una nuova tendenza
Il CEO ha il compito, all’interno di un’azienda, di accrescerne il valore.
Con CEO Activism si fa riferimento alla presa di posizione del brand o dell’azienda rispetto a tematiche d’importanza globale, come l’ambiente o le pari opportunità.
La visibilità e la risonanza dell’impegno sociale che ne derivano si trasformano in una brand reputation positiva, tanto agli occhi dei dipendenti quanto agli occhi dei potenziali clienti.
Un possibile esempio è quello di Coca-Cola: nel 2018, l’azienda ha avviato un’iniziativa che la impegna a raccogliere e riciclare entro il 2030 e a livello globale il volume di imballaggi equivalente a quello venduto ogni anno. Lo scopo? Ridurre i rifiuti di plastica che stanno invadendo il nostro pianeta.
Una strategia che paga in termini di engagement e reputazione del marchio, che pare sempre più coinvolto nel sostenere tematiche di interessesociale.
Per raggiungere l’obiettivo, una strategia di CEO Activism deve ponderare i modi e tempi più opportuni attraverso cui veicolare il proprio messaggio, tracciandone anche i risultati e misurandone i progressi nel corso del tempo.
La comunicazione CEO sui social durante il Covid-19
Il Covid-19 ha cambiato la quotidianità di ciascuno, e di conseguenza anche le modalità di comunicazione dei valori di un brand.
LinkedIn e Twitter sono le piattaforme preferite dai CEO italiani per la comunicazione corporate: la comunicazione sui social media ha un carattere divulgativo e meno formale, in grado di coinvolgere e creare engagement.
Di fronte alla new normality che il Coronavirus ha imposto sono emerse delle best practices, ovvero dei comportamenti comuni assunti dai brand più noti per prendere posizione rispetto a tematiche di interesse comune. Ecco alcuni esempi:
– Velocità di reazione: la presa di una posizione netta attraverso pareri e possibili previsioni per il futuro;
– Una certa frequenza nella pubblicazione di post o link per segnalare articoli e notizie rilevanti;
– Uso di un tone of voice rassicurante, solidale, positivo e inclusivo;
– Ricorso a contenuti che raccontino decisioni e iniziative prese dall’azienda rispetto a un particolare tema;
– Visual storytelling per una narrazione fatta sempre di più di immagini, video o infografiche;
Mai come in questo periodo, quindi, si realizza il passaggio dallo storytelling allo storydoing: le aziende raccontano come affrontano l’emergenza sanitaria in real time, contribuendo così a veicolare i propri valori identitari e a costruire brand awareness attorno ad essi.
Il CEO Activism in Italia
Comprendere il tema oggetto di interesse collettivo e scegliere il momento più opportuno per affrontarlo è fondamentale per il CEO Activism.
Questi fattori, infatti, possono incidere su diversi aspetti:
– Sulle decisioni di acquisto: spesso i consumatori sono più propensi ad acquistare prodotti di un marchio perché d’accordo con la sua visione e il suo impegno rispetto a un determinato tema sociale;
– Sulla fiducia dei dipendenti e il loro impegno nel lavoro svolto, che equivale anche a impegno concreto in determinate questioni sociali;
– Sulla vision che si vuole condividere con l’opinione pubblica per consolidare la brand reputation.
Secondo l’analisi di Pubblico Delirio, i social CEO più seguiti in Italia nel periodo marzo-giugno 2020 su Linkedin hanno portato avanti buone pratiche di esposizione, costanza e inclusività.
L’analisi rivela che nella top 30 dei leader aziendali, i più seguiti hanno mediamente 14.600 follower, e che durante il periodo di lockdown il settore più attivo è risultato essere quello del Finance, seguito da Energy & Utility, Tech, Retail, Pharma e Automotive.
Verso il futuro del CEO Activism
Certo, il sostegno a favore di una causa sociale può essere rischioso; il CEO deve tenere conto che la presa di posizione rispetto a determinate tematiche può suscitare reazioni positive ma anche negative, e di conseguenza incidere sulla reputazione stessa dell’azienda.
Il CEO Activism diventa un fattore determinante per acquisire una data reputazione all’interno della comunità in cui si opera: dalla consapevolezza sociale nei confronti di temi come ingiustizie e uguaglianza, al cambiamento climatico. Essere attivamente coinvolti in azioni tangibili e concrete, non necessariamente legate al proprio business, genera fiducia e l’esposizione mediatica attraverso i social media elimina la distanza tra pubblico e brand.
Il CEO Activism è dunque un modo di fare impresa, e già nel 2018 Philip Kotler e Christian Sarkar lo hanno sottoposto all’attenzione dei professionisti grazie al libro Brand Activism: From Purpose to Action.
Il crescente impegno dei principali marchi internazionali rende però questo modo di operare sempre più noto anche all’opinione pubblica, oggi più consapevole di potere effettuare acquisti da brand la cui vision e mission rispondono ai propri stessi valori e impegni nei confronti del mondo e della società.
Costruire una brand identity in linea con le aspettative del pubblico perciò è fondamentale.